Percezione del rischio, una questione culturale ma anche di genere.
Nel mondo del lavoro, la capacità di percepire e valutare adeguatamente i rischi rappresenta un’abilità fondamentale per prendere decisioni consapevoli e sicure; ogni individuo, possiede una propria percezione del rischio, influenzata da fattori personali, sociali e culturali che a cascata ha delle conseguenze importanti sulle scelte compiute. Queste differenze, insieme a problematiche socio-economiche, sono analizzate dalle principali istituzioni europee e mondiali che si occupano di disuguaglianze di genere ma, ciò che ci preme evidenziare in questo articolo di certo è comprendere come la singolarità di ognuno sia fondamentale in un sistema che funziona.
La percezione individuale dei rischi gioca un ruolo significativo nell’influenzare i comportamenti sul posto di lavoro, tant’è che i comportamenti adottati da un lavoratore in base alla sua percezione del rischio e quindi alla sua formazione, possono influenzare le azioni e gli atteggiamenti di tutto il gruppo di lavoro, contribuendo così a plasmare la cultura della sicurezza aziendale in senso positivo o negativo e rendendo fondamentale l’importanza della formazione.
All’interno di questa vasta cornice, troppa poca è l’attenzione che viene riservata alle differenze di genere che caratterizzano questo tipo di valutazioni. Uomini e donne infatti, mostrano differenze rilevanti nei processi di valutazione del rischio. Studi sul tema hanno diviso tali sommarie differenze in due principali fronti:
- la stima di probabilità che si verifichino eventi negativi
- la stima della gravità delle potenziali lesioni.

In media, le donne tendono ad essere più caute e conservative rispetto agli uomini, adottando strategie più prudenti e assumendo comportamenti meno rischiosi rispetto agli uomini. Al contrario, questi ultimi tendono ad essere più ottimisti sottostimando la probabilità di eventi negativi e immaginando conseguenze meno gravi.
Questo atteggiamento, spesso associato a una maggiore “ricerca del rischio”, può spingerli ad assumere comportamenti più rischiosi.
Le donne, inoltre mostrano una maggiore propensione ad adottare comportamenti che, pur implicando piccoli costi certi, offrono la possibilità di ottenere un grande beneficio, insomma la legge di conservazione e quindi del prevenire meglio che curare è insita nel dna dell’umanità femminile.
Quello che differisce, quindi, sembra essere la valutazione delle conseguenze sia positive che negative, del comportamento rischioso messo in atto, della loro frequenza e dell’entità delle stesse.
Secondo studi scientifici, i fattori biologici suggeriscono che le differenze ormonali tra uomini e donne possano influenzare il modo in cui vengono percepiti e valutati i rischi. Ad esempio, i livelli più alti di testosterone negli uomini potrebbero essere associati a una maggiore propensione al rischio tuttavia, la ricerca in questo campo è ancora in fase di sviluppo e non esiste un consenso definitivo sul ruolo dei fattori biologici.
Per quanto riguarda invece l’influenza dei fattori sociali e culturali dei ruoli di genere e delle aspettative ad essi legati, influenzano la percezione del rischio: in molte società, infatti, gli uomini sono tendenzialmente più portati ad essere più impulsivi e avventurosi rispetto alle donne che tendenzialmente sono incoraggiate a essere più caute e premurose.

Infine, le teorie psicologiche esplorano le differenze individuali nella percezione del rischio legate ad elementi cognitivi quali l’autostima e i meccanismi di attribuzione soggettiva dei fattori cui si attribuisce la causa di eventi chiamato “locus of control”. Mentre l’autostima può influenzare la fiducia di un individuo nel proprio giudizio e nella propria capacità di affrontare i rischi, il locus of control, definisce come questo stesso individuo percepisce il proprio grado di controllo sugli eventi, definendo i risultati degli eventi in due specifici modi di pensare: il primo dei due modi di pensare, si percepisce come responsabile degli esiti ed eventi conseguenti alle proprie azioni, per i secondi invece ci si proietta principalmente non determinanti sugli eventi e i risultati delle proprie scelte in quanto controllati da forze esterne.
A queste teorie si aggiungono alcune ipotesi di carattere evoluzionistico, istintivo, relativamente alla possibilità che valutazioni del rischio diversificate, possano derivare da un incremento delle opportunità di accoppiarsi con un maggior numero di partner o alla necessità di proteggere i cuccioli.
Tirando le somme, riconoscere e comprendere le differenze individuali nella percezione del rischio, può costituire una chiave di lettura importante per l’implementazione di strategie di gestione e per la promozione di una cultura della sicurezza più efficace all’interno dei contesti aziendali. Fondamentale per il miglioramento di ogni condizione lavorativa quindi, rimane l’aspetto della formazione, della sensibilizzazione e della comunicazione sulle tematiche legate alla sicurezza sul posto di lavoro: in particolare, agli aspetti legati alla sottostima delle conseguenze negative, in termini sia di frequenza che di gravità, nella percezione principalmente maschile in fase di attività lavorativa, con testimonianze dirette di infortuni e incidenti sul lavoro.
Attraverso la formazione, la sensibilizzazione e la comunicazione, è possibile aiutare i lavoratori a sviluppare una percezione del rischio più accurata, basata su una valutazione oggettiva dei pericoli e delle potenziali conseguenze e soggettiva nei termini in cui si è chiamati a prendere decisioni in caso di pericolo, adottando comportamenti sicuri e responsabili.